Sinceramente ci saremmo aspettati un convegno più stimolante, che portasse alla luce un progetto, invece “Lo stadio, fenomeno urbano, ed opera di architettura” organizzato dall’Ordine degli Architetti di Catanzaro, ci ha profondamente delusi, soprattutto per i contenuti e per una serie di teorie che sembrano voler spingere affinché lo stadio rimanga nell’attuale posizione. E lo si è fatto portando come mezzo di sostegno una serie di argomentazioni alcune delle quali, prima di proporle sarebbe bene avere il quadro chiaro della situazione. Soprattutto quando l’argomento è lo Stadio.
Addirittura si è parlato del calo di numero di abitanti, e più avanti spiegheremo come questo non corrisponde alla realtà prospettata dai relatori. Ma soprattutto vorremmo chiedere all’Ordine degli Architetti se nel calo degli abitanti sono compresi anche i tanti professionisti, tra cui anche architetti, che per opportunità fiscali hanno la residenza nelle zone costiere di Catanzaro, cosi come agli stessi, quando si parla di valorizzazione della città, ci piacerebbe sapere dove vanno d’estate? Nel quartiere Lido? O il concetto di valorizzare la città non vale?
Non vogliamo demonizzare l’Ordine, ci mancherebbe, ma se si parla di Stadio crediamo di poter contribuire in maniera costruttiva ad una più ampia visione, anche perché quello che non è chiaro all’Ordine degli Architetti, è che il Catanzaro è un patrimonio culturale e sociale di tutta la Calabria, è l’unica squadra della regione a vantare tifosi in tutte e cinque le province calabresi. Ragione per la quale lo Stadio deve essere fruibile in maniera confortevole a tutti i tifosi delle Aquile.
Diceva Italo Calvino “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Oggi Catanzaro tra le tante domande che deve porsi, c’è anche quella relativa allo stadio “Ceravolo”: “l’impianto sportivo odierno è funzionale ed è al servizio di tutti i cittadini e fruitori?” la risposta è semplice “no”. Il “Ceravolo” piaccia o meno, ha fatto il suo tempo. Semplicemente perché le città con il passare del tempo mutano, cambiano forma, si adattano ai momenti storici e agli eventi. Catanzaro e il “Ceravolo” non sono immuni da questa teoria e anche l’archistar Massimo Roj, fondatore di Progetto CMR che, nel convegno dibattito sullo stadio “Ceravolo”, ha relazionato su: “Progettare lo stadio del futuro, nuovi modelli e opportunità”, si è espresso in questi termini. Il “Ceravolo” ha più di 100 anni, nel corso di questo secolo ha subìto trasformazioni continue per adattarsi alle esigenze della città. Per queste ragioni un convegno, come quello organizzato dall’ordine degli architetti di Catanzaro, ci lascia molto perplessi. La sensazione, potremmo anche sbagliarci, è che si è voluta perorare a tutti costi la teoria dello “stadio allo stadio” facendo un excursus storico parziale, puntando il dito sulla questione demografica che investe la città e sulla media spettatori basata sul numero degli abitanti di Catanzaro.
Sgomberiamo qualsiasi dubbio. Noi, come il Presidente Noto, siamo per uno stadio nuovo e moderno che sia da traino per l’intera città e non per un singolo quartiere. Amiamo il “Ceravolo” come simbolo, e come luogo del cuore, ma ha fatto il suo tempo. Ed è impensabile spendere ancora soldi per questa struttura perché avrà sempre dei limiti oggettivi e non potrà mai soddisfare le esigenze della sua smisurata tifoseria.
L’EXCURSUS STORICO
Non vogliamo tediarvi ripercorrendo la nascita dello stadio “Ceravolo”. Ma vogliamo evidenziare le ragioni che hanno spinto nel 1919 la costruzione di un impianto in una zona spopolata e lontano dal centro, quello che, in pratica, si vorrebbe fare oggi per questioni di opportunità. Come ha sottolineato l’architetto Roj, parlando in generale degli stadi italiani, la maggior parte di essi ha più di 70 anni e quando furono costruiti erano fuori dai centri urbani, poi l’espansione delle città italiane li ha inglobati. E’ successa la stessa cosa a Catanzaro, né più e né meno. Nel 1919 in località “Corallo” alle pendici del monte Spezzano c’erano pochissime casupole la città era adagiata sui tre colli e da poco aveva “varcato le mura” del centro storico espandendosi elegantemente verso via Milano e via Crispi. Di pari passo a quanto successo in Italia all’inizi del novecento cresceva l’amore verso un nuovo sport “il football” importato dall’Inghilterra. La tradizione calcistica di Catanzaro si accende nel gennaio 1908 con la nascita della prima società polisportiva cittadina la Juventus Catanzaro (ossia Gioventù Catanzaro, termine molto in voga in quel particolare periodo storico) del marchese Susanna che, oltre agli sport classici, introdusse anche il calcio. E 4 anni dopo fu subito derby. Nella primavera del 1912, nel polveroso cortile della caserma del Regio Esercito Guglielmo Pepe, venne giocata una gara tra i nobili catanzaresi e una rappresentativa cosentina. Da questo momento in poi il calcio entrò nelle vene e nel cuore dei catanzaresi che realizzarono il primo stadio della Calabria.
LA QUESTIONE DEMOGRAFICA E URBANISTICA
Fatta questa doverosa precisazione. Ovvero lo stadio “Ceravolo” nasce volutamente fuori dal centro urbano dell’epoca. Bisogna ora analizzare la questione demografica. I fautori dello “stadio allo stadio” per tentare di smontare l’idea di un nuovo stadio in un’altra zona della città si appellano allo spopolamento della città sciorinando numeri che, invece, raccontano ben altro. Partiamo da un dato di fatto, in Italia esiste un calo di natalità e la Calabria e Catanzaro non sono da meno. La nostra città si “adegua” alla triste tendenza nazionale e regionale. Rimanendo nei confini prettamente calabri, bisogna evidenziare che la nostra regione dal 2001 ad oggi ha perso circa 160.000 abitanti. Mentre a Catanzaro, negli ultimi 30 anni, i catanzaresi residenti in città sono passati dai 96.614 del 1991 agli 84.115 di oggi. Ma cos’è successo realmente? Dove sono finiti questi 12.000 abitanti?. Si sono semplicemente “spostati” nei centri limitrofi. Sembrerà strano ma è così. La costruzione della nuova 106 ha facilitato gli spostamenti tra i centri rivieraschi e il Capoluogo, basti pensare che dal “Benny Hotel”, giusto per identificare un punto centrale del centro storico, fino a Copanello, oggi ci vogliono poco meno di 10 minuti d’auto andando ad una velocità moderata, mentre prima della nuova 106 ci volevano circa 30 minuti, così migliaia di catanzaresi hanno deciso di andare ad abitare in riva al mare o nei comuni limitrofi a Catanzaro dove si sono costruite nuove e moderne abitazioni. Basta guardare l’andamento demografico dell’ultimo ventennio, dal 2001 ad oggi, possiamo notare che:
Simeri è passata da 3828 abitanti a 4720 abitanti, Sellia Marina da 5753 abitanti a 7703 abitanti, Squillace Lido da 3190 abitanti (poche centinaia vivono nel centro storico) a 3522 abitanti, Montepaone da 4442 abitanti a 5686 abitanti, Montauro da 1311 abitanti a 1777 abitanti, Cropani Marina da 3282 abitanti a 4674 abitanti, Botricello da 4567 abitanti a 5010 abitanti, la vicinissima Settingiano da 2319 abitanti oggi conta 3267 abitanti. Senza contare la grande espansione di Roccelletta di Borgia ormai conurbata con il quartiere Lido dove vivono circa 5000 abitanti dei complessivi 7213 del comune di Borgia.
Fa strano che architetti o tecnici non abbiamo analizzato questi numeri. Ora la domanda nasce spontanea proprio alla luce di questa evoluzione demografica in crescita verso le zone costiere: “dove si dovrebbe costruire lo stadio nuovo?” La risposta sembra scontata.
Fa bene, quindi, il Sindaco Fiorita a dialogare con i comuni limitrofi per la costruzione della “Grande Catanzaro” e fa benissimo quando dice che “se i futuri 6 milioni che erogherà la Regione potranno essere messi a disposizione di un progetto più grande lo farà volentieri”. Così come sarebbe opportuno pensare al PSC guardando anche a queste realtà in un progetto di ampio respiro urbanistico.
GLI IMPROPONIBILI PARAGONI
A sostegno dello “stadio allo stadio” ci sono anche improponibili paragoni. Perché Parma, Ferrara o addirittura le città inglesi possono avere lo stadio in centro e Catanzaro no? Semplicemente perché Catanzaro ha una orografia differente da tutte queste città. Qualsiasi città che ha lo stadio nel tessuto urbano è in pianura e questo facilità gli spostamenti a piedi e in bicicletta (Ferrara per chi non lo sapesse è la città delle biciclette), o in alternativa hanno mezzi pubblici efficienti perché utilizzano strade e viali alberati larghi e non vie strette e tortuose come via Giovanni XXIII, via Ian Palach, via Mario Greco e vicoli vari. E nemmeno un costoso ponte (il cui importo è pari ad uno stadio nuovo) di collegamento tra Siano e l’area del Ceravolo può essere utile visto che lo sfogo viario si avrebbe nei pressi del settore ospiti con tutti gli annessi e i connessi in termini di sicurezza. Senza dimenticare che queste sono semplici idee, senza nessuna copertura finanziaria e senza nessun reale progetto. Stessa cosa dicasi del parcheggio multipiano pensato all’ingresso del Ciaccio. In poche parole “aria fritta”.
LA TIFOSERIA E IL PICCOLO CERAVOLO
Persino la tifoseria, suo malgrado, viene “strumentalizzata” per perorare lo “stadio allo stadio”. Abbiamo assistito ai dati sciorinati nel convegno che si basa sull’assioma “tifoseria/numero di abitanti”. Niente di più sbagliato. Anche le pietre o un abitante della Groenlandia sa benissimo che il Catanzaro ha tifosi non solo in città ma in tutte le province calabresi ed in particolare nei territori dell’ex Provincia di Catanzaro oggi ricadenti amministrativamente nel crotonese e nel vibonese. Ma perché è stato utilizzato questo calcolo palesemente sbagliato? Perché, come ha ben spiegato il presidente Noto, se per assurdo il Ceravolo fosse ricostruito ex novo nello stesso punto in cui si trova oggi la capienza sarebbe sempre quella attuale proprio per mancanza di spazi esterni e vie di fughe utili ad una struttura da 20.000 posti, ossia con ben 10.000 spettatori in meno rispetto a quando il vecchio Comunale ospitava le partite di serie A. E allora ecco spiegato il motivo per il quale si punta l’indice sul numero di abitanti e su un “ridotto bacino” della tifoseria giallorossa.
Da quando in qua gli stadi si realizzano su “misura”? Non sono mica dei vestiti. Gli stadi si realizzano in base anche alle ambizioni di una squadra, di una tifoseria e, perché no, di una città Capoluogo di Regione che solo per questo motivo dovrebbe avere le strutture, non solo sportive, più grandi e importanti del panorama regionale. Le depauperate funzioni di Capoluogo si perdono anche per questi motivi e per una visione di “quartiere” e non di città al servizio dei calabresi che Catanzaro dovrebbe avere.
Quest’anno il Catanzaro calcio a causa della capienza ridotta del “Ceravolo” e in particolare dei settori popolari ha perso tantissimi spettatori. Molti, infatti, non possono permettersi di andare in tribuna. A maggior ragione se per raggiungere il Ceravolo arrivi da fuori città, devi pagare il parcheggio, devi mangiare lontano da casa e magari vuoi portare allo stadio figli e moglie. Una famiglia di 3 persone per una partita non può spendere 100 euro di biglietti per andare in tribuna perché la curva o i distinti sono troppo piccoli, in più ci sono i costi di benzina e gli annessi e connessi che non facilitano certo le famiglie e soprattutto chi abita lontano dal Ceravolo.
Tra l’altro nel convegno dibattito è emerso che un nuovo stadio moderno genera economia e diventa forza trainante per la costruzione di nuove opere. Ecco che un nuovo impianto costruito nei pressi della nuova metropolitana potrebbe favorire lo sbigliettamento e aiutare al mantenimento di questa importantissima opera di mobilità.
Lo stadio come il Catanzaro sono un patrimonio materiale e immateriale non solo dei tifosi che abitano tra “Bellamena” e “Madonna dei Cieli”, ma di tutto lo smisurato popolo giallorosso. Ecco perché fa bene il presidente Noto a guardare e pensare in grande, lasciando ai piccoli le piccole idee, perché il Catanzaro è di tutti e perché la Calabria è giallorossa.
CHI DOVREBBE COSTRUIRLO
“Senza soldi non si canta messa”, così recita un famoso proverbio calabrese ma se c’è la volontà politica si smuovono anche le montagne. E a bontà di chi ignora determinate strategie, vogliamo aggiungere che nessuno di noi si sognerebbe mai di distogliere fondi pubblici e per situazioni di vitale importanza riversandoli sullo stadio, ma è pur vero che esistono fondi ai quali attingere destinate alle strutture sportive, ma soprattutto la politica deve avere la capacità e la volontà di convocare in primis la società la quale siamo sicuri non si tirerà indietro garantendo sia il proprio contributo coinvolgendo anche i propri partners commerciali, cosi come convogliare la forze imprenditoriali della città.
Per questo apprezziamo l’intervento del sindaco Fiorita al convegno, che a pari del presidente Noto sono state le uniche due figure a non perdersi in demagogia andando dritti al nocciolo della questione. Caro sindaco Fiorita parliamone…
Sto come sempre con voi per la questione stadio. Certo ci vogliono le risorse ma senza uno stadio adeguato niente sogni di gloria. A me quello che dispiace è che città più piccole o con bacino d’utenza non paragonabile al nostro, come ad esempio Benevento Campobasso San Benedetto del Tronto, abbiano stadi piu’ adeguati e capienti.