Pietro Iemmello e Jannik Sinner, forse, non si incontreranno mai. O forse si, chissà. Certo è che sono così diversi. Il primo, uomo del Sud, nei tratti somatici e nel calore, passionale, è un tipo aperto, che non si fa problemi a sfottere i rivali, tramite magliette o con un megafono in mano. Sinner è più pacato, ha la pronuncia e l’aspetto tipici di un altoatesino – quasi più tedesco che italiano – è freddo, a volte algido, e non si permetterebbe di dire anche una sola parola contro l’avversario. Ma, si badi bene, nessuno dei due sbaglia o è migliore dell’altro. Sono semplicemente diversi, come diversa è la cultura dei loro sport – nel popolare calcio la presa in girò è il sale del gioco, nel tennis dei “nobili” l’eleganza è un tratto distintivo –. Pietro e Jannik insomma sono molto distanti per tanti aspetti e non solo perché uno vive sul mar Ionio e l’altro agli antipodi, nel cuore delle Alpi innevate. Eppure…eppure per una domenica sono così vicini nel cuore di un quasi quarantenne, tornato bambino grazie a loro due, a Pietro e Jannik, nuovi supereroi in cui credere, dopo che ci “hanno ucciso l’uomo ragno”. Così, in una fredda e anonima domenica di novembre, quando le notizie dei tg, la precarietà “proverbiale” dei millenials e qualche capello bianco, sembrano affossarti arrivano loro due e ti fanno (ri)credere nei sogni. Perché si, saremmo anche “mammoni” e bamboccioni” e pure immaturi ma abbiamo dei valori forti e dei sentimenti accesi da esprimere. E lo facciamo tramite Pietro e Jannik, i nostri nuovi guru, le nuove icone nelle quali riconoscersi, i poster da mettere in cameretta se (e per chi) ancora ne ha una tutta sua, nonostante entri nella quarta decade di vita. Un’età che è sinonimo di consapevolezza, serietà, sobrietà. E tu ci proveresti anche ad essere così ma poi ti trovi dentro uno stadio e diventi quindicenne, salti e canti tanto che è proprio un quindicenne a guardarti strano prima di chiamarti dandoti del lei. In quel momento sai benissimo che “lotteresti” con quel ragazzino se Pietro lanciasse la sua maglietta e correresti ad abbracciartelo forte, il tuo idolo, fregandotene di quello che potrebbero pensare quelli “maturi” che non possono emozionarsi perché ormai sono adulti. Stanco – perché l’età comincia a farsi sentire – ma felice come un bambino torni a casa, con la tua maglia ancora addosso comprata l’anno scorso, quando in molti ti dicevano “ma come, a 40 anni vai ancora in giro con la maglia del Catanzaro?” e camminando anche tu allarghi le braccia e fai il gesto dell’aquila, come da ragazzo – anagraficamente parlando – facevi finta di far uscire le ragnatele dai tuoi polsi. Già, i polsi, quelli di Jannik Sinner sono l’arma più forte del tuo secondo nuovo supereroe. Da li non escono ragnatele pronte a incastrare nemici, ma “pallate” per sconfiggere i “cattivi”, il rivale malvagio senza il quale il supereroe non avrebbe senso di esistere. Un nemico che “è scappato, è vinto, è battuto” perché la musica resta ancora quella di una volta, ma nello sport hai scoperto due nuovi idoli, così diversi ma così uguali nel tuo cuore. Uno bravo coi piedi, uno con le mani, entrambi a proprio agio sull’erba ma soprattutto abili nel far rifiorire passioni, calori, emozioni che forse quando diventiamo adulti troppo spesso dimentichiamo. Pietro e Jannik ci insegnano proprio questo, che Peter Pan non muore mai ed è giusto che sia così. Se da bambino vorresti diventare grande, come in un noto film di Renato Pozzetto (ah, quante citazioni da…quarantenne), da grande speri che qualcuno faccia emergere il fanciullino che è in te. Pietro e Jannik ci sono riusciti, per una domenica e chissà per quante altre ancora e così se il tuo corpo dà i primi segni di cedimento, la tua anima è viva. Evviva Pietro e Jannik allora, così diversi ma così uguali, che forse non si incontreranno mai di persona ma sono dentro il cuore di ogni quarantenne (ma anche 50, 60, 70enne) che ha ancora voglia di emozionarsi. Emozionarsi per davvero, come i bambini, emozionarsi sul serio senza essere troppo seriosi.
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