Ci ha visto lungo Massimo De Salvo ex patron del Novara, quando nell’estate del 2009 convinse Paolo Morganti ad appendere le scarpette al chiodo per fagli indossare giacca e cravatta spedendolo dietro ad una scrivania.
Non deve essere stata neanche una scelta facile per lo stesso Morganti, novarese doc soprattutto per lui che nel calcio giocato aveva vestito la sola casacca del Novara collezionando 234 apparizioni tra i professionisti. “Forse si era stancato di vedermi giocare” ci confida sorridendo lo stesso Morganti. Oppure ci ha visto lungo ribadiamo noi.
Una carriera partita da terzino destro e terminata da centrocampista sinistro passando anche da difensore centrale: “Sono stato un calciatore duttile, anche se preferivo giocare a destra non mi tiravo indietro se l’allenatore mi chiedeva di adattarmi in un altro ruolo”.
Nel 2009 il passaggio dietro ad una scrivania, prima da segretario sportivo, successivamente da segretario generale fino al ruolo di direttore generale. Di certo di tali responsabilità non si investe il primo arrivato, di gavetta Morganti ne ha masticata ma ha saputo bruciare i tempi ritagliandosi ruoli sempre più importanti. E che De Salvo ci abbia visto lungo e prima di tutti, la conferma arriva nel 2019 quando per Morganti c’è la chiamata della Juventus che gli affida il compito di Football Department Organization Manager con la responsabilità della gestione organizzativa del Settore Giovanile.
“È stata un’esperienza fondamentale per la mia crescita professionale – commenta Morganti – in un club così importante c’è solo da imparare, e come suol dirsi: impara l’arte e mettila da parte”.
Dopo cinque anni in bianconero la chiamata del Catanzaro, con il presidente Noto che gli affida il ruolo di Direttore Generale, si tratta anche della sua prima esperienza al sud. È stata una scelta difficile accettare di scendere in Calabria?
“Poteva esserlo se alla guida del club non ci fosse stata la famiglia Noto, ovviamente li conoscete meglio di me, ma ci tengo a sottolineare di quanto sia importante avere alla proprietà di un club calcistico imprenditori di questo spessore, ma prima di ogni cosa sono uomini disponibili ed aperti al confronto”.
Catanzaro è una piccola città di provincia, ma che del Catanzaro Calcio ne fa una ragione di vita, se ci sono quali sono state le problematiche che fino ad oggi ha riscontrato?
“Vede, prima le dicevo impara l’arte de mettila da parte, l’esperienza alla Juve mi ha insegnato di entrate in casa di altri in punta di piedi. E da quello che ho imparato anche se non potrà essere messo subito in pratica potrà servire un domani; quindi, ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo non deve essere sprecata. Considero l’esperienza che sto vivendo a Catanzaro affascinante, c’è una proprietà che ha ambizioni importanti e che vuole raggiungere obiettivi significativi in maniera graduale e senza voli pindarici, ma mettendo a punto quelli che oggi sono gli strumenti indispensabili per la crescita di una società di calcio, ovvero: lo stadio, il centro sportivo e il settore giovanile”.
Partiamo dallo stadio, U.S. Catanzaro, Comune e Confindustria che confluiscono in una sinergia importante, quanto è fattibile una ristrutturazione all’avanguardia del “Ceravolo“?
“E’ sicuramente un insieme di forze importanti, non sempre in una città le cose riescono a collimare come è successo qui a Catanzaro, ragione per la quale desidero ringraziare l’Amministrazione Comunale e Confindustria. Una cosa è certa, il masterplan che dovrebbe essere reso pubblico probabilmente già in questo mese di gennaio è ad ampio raggio, riguarda lo stadio “Ceravolo” e ciò che c’è intorno non si deve cadere nell’errore di pensare che il progetto di fattibilità sarà un intervento risolutivo nel breve periodo, al di là di quelli che sono gli interventi già programmati e noti della riqualificazione della tribuna coperta e di avvicinare la “Curva Capraro” al rettangolo di gioco, per tutti gli altri interventi bisognerà trovare gli investitori. Inoltre, quello che a noi come società preme è di non dover giocare lontano dal nostro stadio; quindi, anche la fattibilità di quelli che potrebbero essere i lavori di tribuna e curva devono essere incastonati in quel lasso di tempo in cui il campionato si ferma”.
Centro sportivo, l’idea lanciata dal presidente Noto da diverso tempo prenderà piede?
“Assolutamente sì, ma non dimentichiamoci che la società ha già un centro sportivo nel proprio asset (il Catanzaro Training Center di Giovino n.d.r.) anche qui stiamo lavorando su un masterplan che sviluppi un indirizzo strategico. È un’opera molto cara alla famiglia Noto che ha compreso bene quali sono gli strumenti perché una società possa fare calcio in maniera sostenibile appoggiandosi ad una struttura che possa essere utile sia alla prima squadra ma soprattutto per sviluppare il settore giovanile”.
Settore giovanile inteso come risorsa produttiva e non solo come risultati.
“Certamente, io credo che il Catanzaro possa considerarsi un club che anticipa i tempi. Sia chiaro non inventiamo nulla, ma il calcio stesso nel giro del prossimo quinquennio dovrà cambiare strategie. Oggi si bada molto ai risultati e poco alla sostenibilità, il calcio oggi produce solo perdite, quanto pensiate che tutto ciò possa ancora durare?!”.
Quale potrebbe essere la cura?
“Oggi le società chiedono meno burocrazia per sviluppare stadi nuovi, in Italia ci sono tanti progetti ma che non vanno oltre il cassetto. Si richiede l’introduzione di voci specifiche nella legge di bilancio così come tax credit per i vivai e stadi, questo grido di aiuto non deve cadere nel vuoto”.
Nel settore giovanile dell’U.S. Catanzaro c’è il direttore Massimo Bava, arrivato in Calabria dopo un decennio al Torino, lei arriva da un lustro alla Juventus, è un derby?
“E’ un derby sulla carta – annuisce sorridendo – Massimo è un amico, una professionista di grande spessore, mi fa piacere averlo ritrovato qui, e questo la dice lunga sulle scelte delle risorse umane effettuate dalla famiglia Noto. Sono scelte che devono riempire la tifoseria di orgoglio. Bava, così come Carmelo Moro che opera nel club già da diversi anni sono figure di prima scelta per fare bene nel settore giovanile”.
Spostiamoci alla cronaca del calcio giocato, il Catanzaro ha chiuso alla sosta con il 6° posto in classifica così come è successo nella passata stagione. Se lo aspettava?
“Sapevamo tutti quanto fosse difficile proseguire sulla stessa strada, soprattutto dopo che è stato necessario rifondare sia i quadri dirigenziali che tecnici. Il 6° posto non mi sorprende, e non lo dico né con presunzione né con il senno di poi, vede, quando alle spalle c’è una proprietà seria e con la quale si ha un rapporto di confronto quotidiano per ottenere i risultati è solo una questione di tempo. Naturalmente il campionato è ancora lungo e difficile, non ci montiamo la testa così come non ce la siamo fasciata dopo un avvio difficile. Continuiamo a rimanere umili ma con una grande fame di risultati ed ambizioni importanti”.