Dietro la vittoria del Catanzaro ci sono tanti fattori da considerare, ma uno in particolare merita una menzione speciale: la decisione di mister Caserta di invertire i cursori di fascia.
Su un campo reso pesante dalla pioggia e sferzato dal vento non bastava la firma degli uomini chiave, così come non bastava lo spirito di sacrificio dell’intera rosa. Anche il VAR ce l’ha messa tutta per negare alle aquile tre punti ampiamente meritati e poco ci è mancato che Galeazzi realizzasse un beffardo pareggio.
Il Catanzaro di quest’anno va così, prendere o lasciare. Se guardiamo al 3-5-2 c’è da dire che la rosa non è completa in tutti i reparti, anzi al contrario pecca di abbondanza in ruoli inizialmente studiati per un altro assetto di gioco. Alcune defaillance importanti (Situm e Antonini) pesano maledettamente nell’economia del gioco. In più l’allenatore ha perso troppo tempo nel trovare la cosiddetta quadra e talvolta lo ha fatto anche maluccio.
Il baricentro basso e la palla lunga di inizio stagione sono un lontano ricordo. Appena 2 sconfitte in 16 gare potrebbero far pensare a posizioni di vertice e invece anche dal punto di vista difensivo le aquile hanno incassato tantissimi gol. Talvolta recuperando partite molto complicate, in altri casi regalando punti in modo davvero sorprendente. Da qui la lunghissima serie di pareggi, un record europeo poco lusinghiero ma tant’è. Non si può vincere sempre.
E anche oggi la partita casalinga contro le rondinelle di Maran era iniziata con lo stesso refrain delle ultime uscite. Squadra propositiva, buona coralità, le solite perle di capitan Iemmello, un pizzico di sfortuna (vedi la traversa di Compagnon dopo 5 minuti)… e poi il classico gol in contropiede con Galazzi che aggredisce in campo aperto e pennella un cross al bacio per l’accorrente Bjarnasson, mentre Bonini e Scognamillo recuperano affannosamente ma non riescono a impedire il cross sul secondo palo.
Da anatra zoppa ad Aquila in volo
Dicevamo della menzione speciale per mister Caserta e della decisione di invertire i cursori di fascia intorno alla mezz’ora. Finalmente Fabio! Finalmente.
Nel calcio conta la semplicità e dopo ben 16 partite vien da chiedersi perché l’allenatore dei giallorossi abbia tanto insistito nel giocare con i quinti di centrocampo a piede invertito. Forse per una ricerca esasperata di taluni tatticismi che poi in campo non si sono visti? Oppure per una personale idea di come sviluppare la manovra offensiva? Fatto sta che, se D’Alessandro a sinistra e Compagnon a destra fanno del Catanzaro un’anatra zoppa. Dopo tanto peregrinare, mister Caserta oggi si è convinto a invertirli e i risultati sono arrivati immediatamente. Le cose semplici Fabio… le cose semplici.
Giocare con la difesa a 3 e i laterali a piede invertito non è un dogma, ma un azzardo. Soprattutto perché non disponi di terzini (o difensori in genere) che possano e sappiano sovrapporsi. Quando in estate è stata costruita la squadra si era pensato alla difesa a 4 e ovviamente ad un bel tridente davanti. Indipendentemente dalle sfaccettature dei moduli, se giochi a 4 dietro hai bisogno di due terzini con piede di fascia e di due esterni d’attacco con piede invertito. Solo così si possono bilanciare le forze in campo e avere il numero più alto di soluzioni offensive.
D’Alessandro sulla corsia sinistra è capace di saltare l’uomo, ma non ha il mancino vellutato durante lo scatto ed è costretto a fermarsi, portarsi la palla sul destro e quindi fare un movimento ampiamente prevedibile. Facilmente aggredibile. Se invece D’Alessandro giocasse con un terzino alle sue spalle, allora il discorso cambierebbe totalmente. Il movimento a venire dentro il campo di D’Alessandro sarebbe controbilanciato dal difensore che si sovrappone per attaccare la linea. Nessuno scende in campo impreparato, tutti studiano tutti e gli avversari del Catanzaro avevano imparato proprio questo. Dalle catene laterali dei giallorossi non arriva mai il cross, bensì un traversone. Dagli esterni del Catanzaro c’è da aspettarsi solo una cosa: il movimento dentro al campo, quindi di conseguenza il traversone sul secondo palo oppure la conclusione a giro. Troppo poco. Mai un passante sul primo palo, mai una giocata con palla a rimorchio, mai una sovrapposizione.
Poi al minuto 29-30 o giù di lì, Compagnon (che è mancino) si sposta a sinistra e D’Alessandro (destrorso) si sposta a destra. E cosa fa D’Alessandro? alla prima discesa sulla corsia di destra mette una bella palla in mezzo, una di quelle che seminano il panico. Papera o liscio della difesa ospite poco importa, ciò che è cambiata è stata la pericolosità. La dinamicità dell’azione. Biasci era lì che aspettava quella palla da 16 partite e non ha fallito l’appuntamento con il gol. Finalmente l’aquila spicca il volo.
Si potrà obiettare che, se i quinti giocano con il piede di fascia non verranno più dentro al campo. Verrebbe a mancare quel tipo di soluzione offensiva che invece nella ripresa si è vista nuovamente con l’ingresso di Seck. Proprio lui metterà dentro il traversone decisivo per l’incornata di Bonini. Attenti però! Si era già passati al 4-4-2 e Seck teoricamente poteva contare sul supporto di Cassandro, che tuttavia è rimasto basso perché mister Caserta aveva fiutato il cambio di Juric con Bjarnasson e la possibilità di farsi prendere in campo aperto come accaduto nel primo tempo.
Maran ha cambiato ruolo su ruolo cercando di sfruttare il più grande problema dei giallorossi: i centimetri in difesa e la difficoltà di recupero dei giocatori giallorossi a tutta fascia, che di ruolo nascono esterni d’attacco e non c’è verso di vederli recuperare per tutti i 90 minuti.
C’è da attendersi un cambio di passo?
Una vittoria non fa primavera, nemmeno se arriva contro le rondinelle. Il cambio di passo dei giallorossi dovrebbe andare in due direzioni. Iniziare dal primo minuto con i quinti che giocano con il piede di fascia e osare di più con il portiere in fase di costruzione dal basso.
Del primo argomento abbiamo già ampiamente discusso, del secondo ci limiteremo a dire che iniziare la costruzione con i tre centrali in linea può essere controproducente perché non alleggerisce la pressione avversaria (che diventa a zona e intasa i corridoi verticali) e inoltre obbliga i centrocampisti a un tipo di movimento (orizzontale) che non è nelle corde di tutti: soprattutto di Petriccione che nel centrocampo a 4 (come è stato nella ripresa) perde più di un tempo di gioco quando riceve per impostare e non ha nemmeno i tempi di inserimento giusti in fase offensiva.
D’altronde il nostro Modriccione è un play basso e tale deve restare. Se invece si inizia la costruzione con il portiere e due difensori larghi succede che Bonini può staccarsi sulla seconda linea e agevolare lo sviluppo in ampiezza, capita quindi che Iemmello non debba abbassarsi troppo per uscire dal basso e capita magari che si possa innescare il gioco sulle fasce facendo correre gli esterni che hanno nelle gambe la capacità di saltare l’uomo.