“Sei sempre tu, Maresca, sempre tu”, copyright di Antonio Conte datato 23 gennaio 2021. Ora, torniamo indietro di sette anni da quella frase pronunciata durante un Inter – Udinese e al posto di Maresca, mettiamo Rapuano. La storia seguente, infatti, ha gli stessi protagonisti: un arbitro e il cartellino rosso. Se poi l’arbitro in questione è lo stesso che, dopo dieci anni, si ritrova ancora al “Ceravolo” e, ancora una volta, diventa protagonista per “colpa” di un cartellino rosso, ecco che ci sono tutti gli ingredienti per narrare una vicenda particolare, singolare, quantomeno insolita.
26 Gennaio 2014: fa freddo a Catanzaro quando i giallorossi affrontano il Lecce in una gara interlocutoria di un anonimo campionato di serie C. Anche lo 0-0 finale testimonia che questa gara non entrerà di certo negli annali del calcio. Eppure, passa alla storia, grazie al signor Rapuano di Rimini capace di espellere tre componenti della panchina del Catanzaro.
Comincia con l’allenatore dell’epoca Oscar Brevi che protesta perché il direttore di gara non vede, a suo dire, una gomitata subita da un calciatore giallorosso (e il var, all’epoca, è forse solo nella mente di Aldo Biscardi); a inizio secondo tempo il cartellino rosso viene sventolato all’allenatore in seconda, Ferdinando Passariello, reo anche lui di protestare in maniera veemente. La stessa sorte, sul finire della gara, tocca anche al direttore sportivo Armando Ortoli, rimasto ultimo non calciatore a poter dirigere la squadra. Tre espulsioni dalla panchina: evento quantomeno originale che fa diventare l’arbitro Rapuano famigerato a queste latitudini.
Gli anni passano e mentre Rapuano scala le categorie del calcio, il Catanzaro arranca, ma quando torna in cadetteria e le associazioni degli arbitri di serie A e B diventano una cosa sola, ecco che si palesa il rischio concreto di un ritorno dell’arbitro di Rimini al “Ceravolo”.
Un arbitro ora importante, che ha diretto anche la finale dell’ultima supercoppa italiana dove ha suscitato polemiche e proteste per un…indovinate un po’? Ma si, per un cartellino rosso, sventolato al napoletano Simeone. Per non parlare di quando ha fatto infuriare Josè Mourinho – ma questa non è certo impresa difficile – per ben due volte: la prima occasione si concluse, ovviamente, con un’espulsione del tecnico portoghese: epilogo logico tra un allenatore che colleziona squalifiche e un arbitro che ama le espulsioni; la seconda durante un Milan – Roma quando il sempre pacato Josè definì vergognosa una decisione su un rigore dell’attento arbitro romagnolo. Che, insomma, fa sempre parlare di sé.
Succede anche nel suo ritorno al “Ceravolo” dieci anni dopo l’ultima volta quando decide che di rossi ne ha già sventolati troppi due lustri prima e così sull’intervento di Valzania su Veroli non prende provvedimenti. Vuole, di nuovo, entrare nella storia, ma ribaltandola: per uno capace di diventare famoso per dei cartellini rossi, non darne uno netto significherebbe farsi ricordare ancora.
Il Var gli toglie questo sogno e così alla terza volta in carriera a Catanzaro estrae il quinto cartellino rosso (durante la succitata gara col Lecce espulse anche un calciatore pugliese). La consuetudine è fatta salva ma Rapuano non entrerà nella storia, però almeno ora lo si ricorderà con meno rammarico a queste latitudini. Anche perché quella con l’Ascoli è la prima vittoria davanti al direttore di gara romagnolo, presente nella sconfitta casalinga contro la Carrarese del 2013 che costò la panchina a Ciccio Cozza. Gara senza espulsioni e senza particolari episodi tali da poter far dire: “sei sempre tu Rapuano, sempre tu”.