C’è sempre un dopo che arriva e che ti spiega il prima. È spesso quel “prima” rappresentava il “tutto”, e quando arriva quel “dopo” a volte si fa fatica a lasciare andare ciò che è stato.
Il nostro dopo si chiama Vincenzo Vivarini, quel prima ha diversi nomi e diverse facce. Ci piace partire da quella di Giovan Battista Fabbri a cui è legato il Catanzaro più bello di tutti i tempi che a memoria d’uomo ricordiamo, quello della stagione 1984-85 che vinse il campionato di C1. Da allora sono passati ben 38 anni, e quel “prima” che tanto abbiamo amato lo abbiamo lasciato a quel “dopo” che ha rappresentato il Catanzaro di Vincenzo Vivarini.
E come essere stati proiettati nel “paese delle meraviglie”, in cui Alice chiede al Bianconiglio “quanto tempo è per sempre” e la risposta: “a volte, solo un secondo”. E quel secondo è scandito al triplice fischio finale di Gelbison – Catanzaro 0-2 del 14 marzo 2023 il Catanzaro ritorna in Sere B dopo 19 anni e lo fa stravincendo un campionato a suon di record. Ma lo fa regalando agli occhi degli appassionati catanzaresi il Catanzaro più bello della sua storia centenaria. È quell’attimo che diventa per sempre, ora i catanzaresi riconoscono nel Catanzaro di Vivarini il più bello di tutti i tempi.
Ma la nostra storia non finisce qua, perché per dirla alla De Gregori “La storia siamo noi”, nessuno si senta offeso, siamo noi in quel prato verde del “Ceravolo” che per la prima volta abbiamo portato la Calabria in Serie A. Ed qui che Vivarini incontra la storia, scritta da chi l’ha preceduto sulla panchina delle Aquile. Non parliamo di leggenda, i cui fatti e personaggi siano immaginari ed alterati dalla fantasia. Parliamo di uomini veri di coloro che con il presidentissimo Nicola Ceravolo hanno reso il Catanzaro importante. Ed ecco che da quel “prima” riaffiorano i nomi ed i volti di Gianni Seghedoni (1970-71), Gianni Di Marzio (1975-76) e Giorgio Sereni (1977-78) i tre allenatori che sulla panchina del Catanzaro hanno conquistato le promozioni in Serie A.
Dalla prima storica promozione sono passati ben 52 anni, il calcio è cambiato eppure quei protagonisti di allora sono ancora qui, hanno legato in maniera indelebile il loro nome al club giallorosso. Gianni Seghedoni (1970-71) ottenne una promozione che ebbe del miracoloso ereditando una squadra che nel campionato precedente si era salvata all’ultima giornata, ancora più scetticismo regnava nell’anno di Giorgio Sereni (1977-78) arrivato sulla panchina giallorossa dopo due anni di inattività, nondimeno fu il discorso dell’era Gianni Di Marzio, con una discreta carriera pregiudicata da una grave incidente stradale, promozione sfiorata nel 1974-75 e centrata al secondo tentativo l’anno successivo.
Tutti e tre hanno dato tanto al Catanzaro ed altrettanto hanno ricevuto dal club che ricoprendoli di fiducia gli ha permesso di guadagnarsi la ribalta del calcio.
Uomini prima che professionisti, e figure del genere farebbero fatica ad emergere nel calcio di oggi, ma non perché siano meno bravi dei colleghi contemporanei. E qui c’è un altro filo conduttore che lega i nostri miti di allora a Vincenzo Vivarini, il tecnico abruzzese subito dopo la promozione si è lasciato andare ad uno sfogo che possiamo riassumere in “mi sento tradito dal calcio”. Nelle parole del tecnico c’è tutta la rabbia di quello che doveva essere e non è stato, ma non perché non ne sia capace, ma perché appartiene a quella generazione di gente come Seghedoni, Di Marzio e Sereni. Forse, a differenza dei tre, è più schivo, ed è solo perché il calcio oggi è una platea di grande risonanza mediatica che sappiamo qualcosa in più di lui. Però, come dicevamo in apertura, “C’è sempre un dopo che arriva e che ti spiega il prima” e questa volta ci ha spiegato che Vincenzo Vivarini è anche un grande tecnico.
Tre anni di contratto al Catanzaro sono un patto di ferro tra un allenatore ambizioso e la proprietà della famiglia Noto che è sempre stata capace di trarre il meglio dalle proprie attività imprenditoriali. Il mix giusto per arrivare lontano, in maniera graduale, senza frenesia ma con la consapevolezza che si ha voglia di continuare a scrivere una storia in crescendo, perché gli eroi si ricordano ma i miti non muoiono mai.